BOLOGNA. Come in moltissime città italiane, ieri pomeriggio anche a Bologna si è svolta una manifestazione in occasione della Giornata internazionale della donna.
Il movimento Non una di meno – nato in Argentina e diffusosi in Italia e nel resto del mondo a partire dal 2016 – si è riunito per le vie felsinee insieme agli studenti e alle studentesse della rete La MALA Educatión e ad altri presidi, per ribadire che l’8 marzo non è una mimosa in dono né un augurio farlocco proferito a cadenza puntuale ogni anno per mero conformismo, ma un giorno simbolo contro la violenza di genere e le diseguaglianze che continuano a gravare sulle donne.
Da quella che è stata una dura lotta che in passato ha investito il mondo in piccoli e grandi focolai di protesta, in questi ultimi anni i toni sembrano essersi placati, come se la parità di diritti e opportunità fosse stata felicemente raggiunta.
Manifestazione Non Una di Meno, che cos’è il femminismo oggi?
Oggi infatti si fa spesso leva sul cosiddetto “femminismo liberale” – efficaciemente spiegato da Cinzia Azzurra in un appello sulla pagina Facebook di Non una di meno –, il quale riflette un livellamento della disparità che sembra aver presa solo sulle classi più agiate, senza tener conto del ruolo subordinato ricoperto, in forme più o meno evidenti, dalla maggioranza delle donne.
I casi di cronaca nera che vedono protagonista quello che già alla fine degli anni ’40 Simone de Beauvoir aveva criticamente indicato come “secondo sesso”, sono solo un aspetto dell’ampio ventaglio di problematiche tutt’oggi dilaganti: dal tema dell’aborto alla disparità di stipendi in ambito lavorativo, dal fenomeno della prostituzione alle violenze sessuali.
E se parlare di femminismo incute timore, in parte è dovuto alla mancata sensibilizzazione che è stata fatta al riguardo, un fraintendimento dello stesso termine che si è visto travisato in un rovesciato machismo in rosa, un etichettamento che non rispecchia affatto l’annovero di tematiche trattate e l’investimento politico realmente assunto.
I partecipanti al corteo di ieri
Insieme al grido di “Wetooghether” – adattamento dello slogan “metoo” nato ad Hollywood per la campagna anti-molestie sul lavoro –, nella giornata di ieri si è fatto largo tra i cortei un dissenso relativo anche ad altri problemi di carattere sociale che infiammano il nostro Paese e il mondo intero in questi ultimi anni, quali il dispiegamento di politiche della paura, del neofascismo e delle inclinazioni razziali.
Anche la comunità LGBTQI ha sfilato per le strade bolognesi, a dimostrazione del fatto che sono ancora troppe le minoranze bistrattate, senza riconoscimento alcuno.
Tra cori, balli e colorati striscioni è stato ribadito quanto oggi più che mai sia necessario far fronte alle evidenti problematiche che paiono moltiplicarsi e rafforzarsi in questo clima di terrore sempre più insabbiato in un retrogrado conservatorismo, e che la protesta non deve esaurirsi l’8 marzo, in quanto essa non è un’avvizzita mimosa dimenticata in un vaso da fiori.