Il termine “molestia sessuale” è definito dalla Direttiva 2002/73/EC del Parlamento Europeo e del Consiglio e prevede che tale fenomeno si verifichi “laddove si manifesti una qualsiasi forma di condotta verbale, non verbale, fisica indesiderata di natura sessuale, con lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, in particolare creando un ambiente intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.”
Le molestie sessuali quindi comprendono una vasta gamma di comportamenti, una la sua definizione cambia da stato a stato. Questo rende difficoltoso avere una concezione univoca del fenomeno e ciò rende ancora più nebulosa la pratica in cui un caso possa essere considerato o meno violazione della dignità della persona.
Anche le vittime stesse molto spesso non si rendono conto che molte azioni o comportamenti, costituiscano forme di molestie sessuali o mobbing, proprio da questa scarsa consapevolezza deriva la mancata denuncia. Inoltre sono molte le vittime che rinunciano ad intraprendere azioni legali a causa della scarsa della scarsa possibilità di successo o del rischio di ritorsioni.
Molestie sessuali sul lavoro: gli effetti psicologici
È doveroso sottolineare anche le conseguenze che il fenomeno può produrre: a livello fisico, sessuale, emotivo, psicologico. Con degli effetti dannosi non solo nel breve ma anche nel lungo termine e possono includere stress, ansia, depressione cronica, insonnia, perdita di concentrazione e altri disturbi post-traumatici come l’abuso di droghe.
Sia uomini che donne sono esposti al rischio di molestie sessuali ma i dati dimostrano che una forte componente discriminatoria è basata sul genere:
- il 90% circa delle vittime di mobbing o molestie sono donne;
- il 55 % delle donne UE è stata molestata sessualmente;
- 1 donna su 10 è sottoposta a molestie sessuali o stalking tramite l’uso delle nuove tecnologie.
Molestie sessuali sul lavoro: dati e percentuali
Un report della Commissione per i Diritti della Donna e l’uguaglianza del genere, pubblicato nell’aprile 2017 afferma che:
- il 32 % di tutte le vittime UE ha subito una molestia da un superiore, collega o un cliente;
- il 75% delle donne che svolgono professioni in cui sono richieste qualifiche specifiche o che lavorano in ambito dirigenziale sono state molestate sessualmente;
- tra il 5 e il 10% della forza lavoro europea è soggetta in qualsiasi momento a forme di bullismo sul posto di lavoro.
Il posto di lavoro è quindi uno degli ambiti in cui è più diffuso il fenomeno.
Inoltre, si può notare un incremento del fenomeno nei confronti dei lavoratori più giovani, donne incinte e genitori, lavoratori migranti, minoranze etniche, lavoratori LGBTI, popolazioni indigene e donne che lavorano part time o con contratti a tempo determinato.
Osservando i risultati dell‘indagine europea sulle condizioni lavorative (EWCS, European Working Condition Survey) del 2010, notiamo che la percentuale di donne soggette a comportamenti sociali avversi sul luogo di lavoro è di poco più alta (15,1%) rispetto alla percentuale maschile (13,5%).
Il problema è poi particolarmente esposto a determinati settori e categorie professionali:
- il 61% delle donne occupate nel settore dei servizi è stato vittima di molestie sessuali in ambiti come: assistenza sanitaria, servizi pubblici di emergenza, istruzione, trasporti, lavori domestici, agricoltura, economia rurale, nonché il settore tessile e quello di abbigliamento. Inoltre le molestie sono particolarmente diffuse nelle forze armate: le donne che lavorano in posizioni tipicamente maschili sono maggiormente esposte al problema oltre coloro che occupano posizioni più basse o coloro che sono supervisionati da membri dell’altro sesso.