Strage di Via D’Amelio: Storia dell’assassinio di Borsellino

Morirono nella strage di via d’Amelio anche Agostino Catalano, Emanuela Loi (la prima donna a far parte di una scorta e anche la prima della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina

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Sono passati 28 anni da quel maledettissimo giorno che ha cambiato per sempre il volto dell’Italia, e in particolar modo della Sicilia e di Palermo. Il 19 luglio del 1992, alle ore 16:58, una Fiat 126 rubata contenente circa 90 kg di esplosivo telecomandati a distanza, esplose in via Mariano D’Amelio 21 a Palermo, sotto l’abitazione di Rita Borsellino. Morirono nella strage il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi (la prima donna a far parte di una scorta e anche la prima della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

L’unico a sopravvivere all’esplosione fu l’agente Antonino Vullo, che raccontò la tragedia: “Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto…”.

Un attentato dai lati oscuri e indecifrabili che le indagini, tuttora in scorso, cercano di scoprire nonostante i depistaggi e le incongruenze che da 27 anni tengono l’Italia col fiato sospeso.

Il ruolo della politica secondo Borsellino

Paolo Borsellino descriveva così il ruolo della politica:

L’equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. e NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati”.

 

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Scritto da Veronica Mandalà

Palermitana d'origine, amo scrivere di tutto e osservare la realtà a 360 gradi.