Se digitate su Google la parola AIVA troverete tra i primi risultati un account Soundcloud omonimo: nell’apposito spazio dedicato alla presentazione dell’artista, leggerete la seguente frase: «Sono un’intelligenza artificiale che compone musica. Scopri di più sul mio sito web: www.aiva.ai». Inquietante? Forse, ma intanto benvenuti all’ultima frontiera dell’applicazione dell’intelligenza artificiale, in un campo che sembrava, almeno quello, rimanere a totale appannaggio dell’uomo: quello artistico.
AIVA e la musica generativa
AIVA è la forma più avanzata di ciò che viene comunemente chiamato musica generativa, ovvero lo studio e l’applicazione di software alla composizione musicale. Sin dagli anni sessanta del secolo scorso, nel pieno dello sviluppo di quella che sarebbe poi diventata la moderna cibernetica, parecchi studiosi hanno cominciato ad interessarsi al binomio tecnologia/musica, dando vita a software che permettevano di integrare strumenti mancanti, riprodotti digitalmente, a composizioni precedentemente registrate.
AIVA però è molto altro: un computer capace di creare musica da zero. Come? Attraverso lo studio in primis. Il software è infatti stato “Formato” immettendo nel suo database spartiti di grandi compositori del passato, quali ad esempio Beethoven, Mozart e Bach. A quel punto la macchina si sarebbe in un certo senso impadronita dei loro stili compositivi, analizzando le forme e le leggi matematiche che regolano il linguaggio musicale, ma non solo: AIVA in quanto intelligenza artificiale impara dalle proprie esperienze e amplia il proprio bagaglio musicale, proprio come un vero musicista.
AIVA è infatti capace di creare nuova musica basandosi sulle richieste dell’utenza: questa l’idea originale di Pierre Barreau il cui scopo è quello di fornire a chiunque ne abbia bisogno, una colonna sonora personalizzata per una propria opera. Il famoso videogioco Fortnite che tanto sta spopolando tra i giocatori online di tutto il mondo, deve ad AIVA buona parte della sua colonna sonora, dimostrando (qualora ce ne fosse poi bisogno) la versatilità dell’offerta di AIVA, capace di spaziare tra più generi musicali e rivelandosi la soluzione ideale per più situazioni.
Da AIVA alle popstar virtuali. Quale futuro per l’arte?
Il fatto che un computer possa comporre della musica interamente di suo pugno, non dovrebbe dopotutto sorprendere. La capacità di gestire calcoli di complessità estrema tipica delle macchine si sposa infatti bene con un’arte come la musica, le cui regole si reggono su canoni matematici oggetti di studio da parte dell’uomo sin dai tempi degli antichi greci.
Analogamente a quanto successo quindi con le intelligenze artificiali applicati al mondo degli scacchi, dove il confronto tra campioni in carne ed ossa e avversari virtuali dalle capacità incredibili è ormai diventato storia della disciplina, bisognerebbe accogliere la nascita di compositori virtuali come una nuova normalità a cui abituarsi. Si può tuttavia accettare che l’arte, attività tipicamente umana e considerata opposta ed elevata rispetto ad operazioni meramente tecniche e ripetitive, venga ridotta alla semplice riproposizione di algoritmi ad opera di una macchina?
Fa pensare a questo proposito il caso di Hatsune Miku: trovata eclettica e avanguardistica made in Japan, si tratta di una popstar virtuale, la cui musica è interamente composta tramite software partendo da alcune vocalizzazioni preregistrate, e i suoi concerti rappresentati da un avatar virtuale.
Rimane da chiedersi insomma, dove tracciare la linea di confine tra artistico e non-artistico, in un’epoca dove la differenza tra l’uomo, la macchina e le loro rispettive produzioni musicali si assottiglia sempre di più.